Gestione approssimativa delle emergenze e creativa del personale: l'incompetenza al potere.
Ha dell'incredibile la caleidoscopica fantasia di amministratori locali e dirigenti comunali quando si tratta di trovare maniere di vessare i propri dipendenti. Per molti di essi la prevenzione è una "sconosciuta" e, anche se si tratta inequivocabilmente di un loro compito e una loro responsabilità, non elaborano strategie e protocolli per gestire le varie emergenze e soprattutto piani per formare il personale e reperire risorse economiche e strumentali in vista del verificarsi di eventi e calamità naturali.
In questi ultimissimi giorni, nei quali sarebbe più opportuno e necessario dedicarsi ad affrontare le varie e sovrapposte emergenze, spendono invece tempo ed energie ad imperversare, creando attriti, alimentando tensioni e generando malcontento tra i dipendenti.
Una, molto agevole peraltro, ricerca tra le pagine dei giornali on-line e sui social, ci regala una variegata e avvilente gamma di meschine "invenzioni" tra le disposizioni di servizio per il personale dei servizi educativi di molti comuni delle zone interessate dal sisma, aggravate, nelle realtà più grandi a cominciare da Roma, dall'incoerenza e dalle contraddizioni nelle indicazioni delle procedure da seguire nell'emergenza, tra una e un'altra zona della città.
In Umbria in particolare, ogni Sindaco ha ritenuto di interpretare diversamente (e anche rispetto ai precedenti eventi sismici) la frase standard utilizzata per le ordinanze «...sospensione dell'attività didattica delle scuole...». Nella maggior parte dei comuni (un esempio per tutti quello del Comune di Narni), il personale educativo e insegnante delle scuole e dei servizi educativi comunali è rimasto a casa, come quello della scuola statale, nella quale i Dirigenti scolastici fanno riferimento alla normativa nazionale e al Codice Civile, per quanto attiene alla sospensione, appunto, delle attività didattiche nelle scuole, causata da un evento straordinario o da una calamità naturale.
Al contrario, nei due comuni capoluoghi di provincia, dirigenti e amministratori si sono prodigati a cogliere l'occasione per una dimostrazione di forza nei confronti di educatori e insegnanti dipendenti comunali, anche a costo di piegare le norme.
A Perugia a sorpresa è stata imposta la fruizione di giorni di ferie al personale rimasto a casa, cosa che ha provocato un coro di legittime proteste e incredulità, alla quale è seguito anche un comprensibile disorientamento, visto che il personale, forse anche mal consigliato, invece di contestare energicamente l'imposizione, pur di non perdere giorni di ferie, ha chiesto di potersi recare a scuola!
A Terni invece l'idea balzana è stata di far svolgere comunque l'intero orario di lavoro all'interno degli edifici scolastici, inutilmente per di più, vista l'assenza dei bambini. Anche se la norma non lo prevede, anzi indica espressamente il contrario (infatti in caso di sospensione delle attività didattiche, si possono svolgere ugualmente quelle attività, connesse alle didattiche, ma non frontali, già programmate, o quelle analoghe programmate ad hoc, purché al di fuori dell'orario di lezione) nessuno avrebbe obiettato se si fosse approfittato del tempo a disposizione per fare programmazione, documentazione, progettualità, per esempio, oppure per incontrare o far incontrare il personale, che ha limitate occasioni di farlo, magari in un edificio già verificato dai tecnici, così da non alimentare comprensibili timori e giustificabili recriminazioni.
Tutti questi differenti e contrastanti modi di trattare una medesima questione, questo "liberismo"' interpretativo su una banale frase standard, nel momento in cui si assume un atteggiamento gratuitamente persecutorio nei confronti dei dipendenti, dimostrano che È TEMPO di pretendere che il personale dei servizi educativi comunali abbia un trattamento uniforme, in casi simili o assimilabili, con quello delle scuole statali, così da sottrarlo agli "umori" e alle eventuali incompetenze di dirigenti e amministratori.
USB P.I. - Comune di Terni