La "scoperta" del merito nella pubblica amministrazione e l'assenza di un disegno strategico per i pubblici servizi
L’USB segue con attenzione il dibattito politico, nazionale e locale sugli esiti del voto espresso dai cittadini per le elezioni politiche, che hanno con tutta evidenza manifestato la richiesta di un cambiamento.
Non intendiamo esprimere valutazioni nel merito del risultato né sulle dinamiche che si stanno determinando per il post voto, ma non potevano certamente passare inosservate le dichiarazioni affidate alla stampa locale da parte dei massimi vertici istituzionali di livello regionale e cioè la Presidente ed il vice Presidente della Regione dell’Umbria.
Il passaggio che intendiamo rilevare riguarda il pubblico impiego ed il lavoro pubblico, citato dal nostro punto di vista con la ormai consueta sufficienza e marginalità.
Ci ha colpito in particolare il richiamo al “merito” nella pubblica amministrazione, cosa scontata da riconoscere e valorizzare, ma al quale non può certamente essere assegnato l’esito di scelte di riorganizzazione che necessitano soprattutto di conoscenza della macchina pubblica, progettualità e visione politica. Una politica che invece continua ad esprimere il merito tramite inutili “pagelline” che hanno solo il risultato di contrapporre tra di loro i lavoratori, piuttosto che coinvolgerli in un lavoro di squadra rivolto al raggiungimento di obiettivi condivisi e possibili per il reale miglioramento dei servizi.
La contrarierà espressa con il voto alle elezioni politiche dal pubblico impiego al partito di governo, va a nostro avviso ricercata in un processo di “riforma” della pubblica amministrazione subito dagli addetti del settore e che anche in Umbria si è caratterizzato per scelte contraddittorie, con una governance da parte della Regione che noi riteniamo essere stata assolutamente insufficiente e che ha determinato lo svilimento dei servizi, il loro drastico ridimensionamento e la mortificazione professionale degli operatori pubblici. Basti pensare alla “controriforma” che ha travolto le Province e messo in crisi servizi vitali per i territori, come la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade, gli interventi di edilizia scolastica, la vigilanza ambientale dei territori, generando situazioni di collasso che sempre più spesso occupano le attenzioni dei media per i fatti eclatanti che si determinano a danno dei cittadini. Opporre tra l’altro a queste situazioni oggettive (altri esempi si potrebbero fare) il vanto che non ci siano state perdite occupazionali, appare operazione miope ed incomprensibile, seppur calata in un contesto regionale drammatico sul versante delle crisi aziendali ed occupazionali. Ancora più paradossali sono le amnesie di cui soffrono quei sindacati che tali operazioni di riforma hanno sostenuto e avallato .
I lavoratori, i cittadini, soffrono delle politiche di austerità, che peggiorano le condizioni di lavoro e distruggono i servizi. Basta guardare alla situazione del sistema sanitario. Organici ridotti all’osso, costretti a turni di lavoro massacranti ed una politica impegnata soprattutto sui primariati, nella continua delegittimazione del lavoro pubblico in favore di esternalizzazioni che il più delle volte risultano essere non convenienti e peggiorative dei servizi.
Il blocco decennale dei contratti del comparto e l’indecorosa risposta venuta con l’accordo sottoscritto con i sindacati complici a ridosso delle elezioni, hanno fatto il resto.
Queste sono solo alcune delle considerazioni che possiamo fare per analizzare la risposta che è venuta con il voto dagli elettori del pubblico impiego, da troppo tempo considerati e trattati come un problema da gestire piuttosto che come volano di crescita e sviluppo del nostro Paese.