SERIETA', RESPONSABILITA' E IMPEGNO
Gianni Trovati, sul “Il Sole 24 Ore”, riprendendo quanto evidenziato dalla Ragioneria Generale dello Stato nel Conto Annuale sul Personale Pubblico, dimostra come gli stipendi dei dipendenti pubblici, abbiano subito una diminuzione media dal 2011 di oltre il 6%, diminuzione che ha visto il comparto Regioni ed Autonomie Locali essere il più colpito, stretto tra blocco del turn over e dalla compressione della contrattazione.
Torna in mente, ancora una volta, la nostra battaglia sull’applicazione dello scellerato metodo consigliato dalla stessa Ragioneria Generale dello Stato, attraverso il quale si è provveduto alla diminuzione del salario accessorio in relazione ai pensionamenti, metodo attuato senza che Cgil Cisl e Uil opponessero una benché minima resistenza, o proponessero soluzioni diverse. Ricordiamo infatti che il D.L 78/2010 ripreso nella legge di stabilità 2016, impone solo la riduzione del fondo in relazione alle cessazioni, ma come farla e quanto decurtare poteva essere benissimo deciso nei tavoli territoriali. Nel nostro Ente questo metodo ha portato ad una diminuzione delle risorse, per circa 450.000€.
Qualche riflessione dovrebbero farla in molti, domandandosi magari se è stato fatto tutto quello che si poteva e si doveva fare per tutelare i salari di chi continua ad erogare servizi di qualità, pur con oltre un centinaio di unità di personale in meno.
L’USB aveva già denunciato queste problematiche più di 3 anni fa, quando per la prima volta costituimmo in Comune il terminale associativo e ci presentammo alle elezioni della RSU. Ancora oggi però assistiamo ad un approccio superficiale alle problematiche del Fondo e si continua a trattare di progressioni orizzontali ad esempio, senza quasi mai parlare di dove reperire le risorse necessarie a finanziare questo importante istituto contrattuale.
Le ultime comunicazioni rivolte ai lavoratori da parte di CGIL, CISL e UIL infatti, seppur diverse tra loro nei contenuti, non tengono minimamente conto della capienza del Fondo e della possibilità di spesa per le progressioni economiche.
Lo facciamo noi, ancora una volta, per tentare di riportare la discussione lì dove dovrebbe essere, sul nodo fondamentale delle risorse.
La spesa prevista per le 142 progressioni annunciate per il 2017 è di circa 123.000 €. Ad oggi, nel Fondo ad esse dedicato, dovrebbero essere disponibili, (l’A.C. lo ha comunicato solo a parole e non attraverso la composizione ufficiale del fondo per l’anno 2017), circa 65.000 €.
Le risorse mancanti, ancora a detta dell’A.C., “dovrebbero” essere reperite dai risparmi ottenuti dai pensionamenti, sempre che non si proceda in senso inverso e si continui, proprio per effetto dei pensionamenti a tagliare il Fondo, nel qual caso dove si prenderanno le risorse mancanti? Si seguiterà a diminuire la produttività collettiva??
Ecco perché, firmare un accordo senza avere né certezza né contezza delle risorse disponibili è un grave errore, che evidenzia una dose eccessiva di improvvisazione.
Così il Sindacato non fa un buon servizio ai lavoratori.
L’amministrazione dal canto suo, va oltre!
Per il 2018 infatti aveva proposto un ulteriore accordo che riguardava le ultime 132 progressioni rimanenti, dopo le 287 fatte del 2016 e le 142 previste per il 2017.
Secondo tale proposta, presentata ancora una volta senza neanche uno straccio di indicazione su come e dove reperire le risorse necessarie, le progressioni 2018 dovevano essere desinate a chi non le aveva fatte nei due anni precedenti. Il concetto, naturalmente, è ampiamente condiviso.
Il punto è che nel 2018, rientrerà in gioco anche chi le ha già fatte nel 2016, tanto è vero che la loro presenza tra “gli aventi diritto” permetterebbe di affrontare tranquillamente il calcolo del 50%, garantendo così quei 132 posti necessari. La soluzione proposta era quella di un “patto” per evitare che chi è già stato destinatario di progressioni, partecipasse anche al bando del 2018 nonostante fosse legittimato a farlo come stabilito dal Contratto Integrativo Decentrato.
In pratica i lavoratori che hanno ottenuto la progressione nel 2016, sarebbero stati ritenuti idonei per il calcolo dei posti da mettere a disposizione, ma non avrebbero potuto partecipare alla selezione, o comunque gli sarebbe stato negato il diritto all’attribuzione della progressione, perché lo aveva deciso l’A.C. .
Naturalmente, a parte la Cisl, un coro di NO ha travolto questa proposta perché palesemente illegittima ed esposta a probabili ricorsi che avrebbero bloccato l’iter a danno di chi aspetta, al pari di tutti gli altri, il giusto riconoscimento della progressione.
Torna anche qui in mente la forte critica fatta dall’USB oltre 3 anni fa, quando apostrofammo come “Tafaziano” il limite imposto agli aventi diritto alle progressioni. E tornano in mente anche le reazioni alle nostre critiche (avanzate anche al metodo utilizzato per la riduzione del fondo), perché non furono pochi tra i rappresentanti dell’A.C. e dei sindacati a definirci “populisti” o “in cerca di visibilità”.
Oggi anche gli altri sindacati finalmente ammettono, esplicitamente o implicitamente, le nostre ragioni.
Apprezziamo quindi la posizione espressa dalla Cgil che con umiltà ha riconosciuto l’errore ed ha richiesto formalmente all’A.C. di cambiare la parte incriminata del CID.
Apprezziamo l’intervento dello stesso CSA che in trattativa ha chiesto la stessa cosa, ed è evidente che anche la stessa Uil, pur senza ammissione diretta, con la richiesta di aumentare i numero degli aventi diritto alla progressione 2017, oltre la soglia del 50%, di fatto ritiene quella soglia superata.
Se tutti fossero scevri da protagonismo di bottega, da paura del confronto, e da interessi personali, (molti dei membri della RSU che l’anno scorso hanno preso la progressione quest’anno non si sono presentati alla riunione, facendo mancare il numero legale), si potrebbe tentare una ricomposizione nell’unico organismo che rappresenta tutti i lavoratori, cioè la RSU.
Se guardiamo infatti il panorama della rappresentatività nell’A.C., si può vedere che tutte le OO.SS. insieme riescono a rappresentare a mala pena i 2/3 dei lavoratori, non di più.
Bisogna fare le cose fatte bene. Togliere la soglia del 50% dal Contratto Decentrato, individuare risorse certe per le progressioni, senza rischiare di diminuire ancora la produttività collettiva, procedere quindi all’assegnazione, a tutti coloro che sono ad oggi rimasti fuori, in un’unica soluzione. Bisogna fare questo presto (entro pochi mesi) e bene.
Noi qualche soluzione ce l’abbiamo e come sempre faremo la nostra parte, prima in RSU poi in trattativa. Proporre percorsi non sostenibili perché illegittimi, non appartiene alle nostre pratiche. Serietà e professionalità anzi tutto, perché a scontare gli errori poi saranno i lavoratori, che come abbiamo visto, già sono sottoposti ad una grave perdita di salario.
L’USB anche al Comune di Terni è nata per rappresentare e tutelare gli interessi dei lavoratori, contro la deriva dei tagli ai diritti ed ai salari, per un fare sindacato PER e DEI lavoratori.
Unione Sindacale di Base –Comune di Terni